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Hatha Yoga: l'unione di Sole e Luna

  • Immagine del redattore: Bianca Pasquinelli
    Bianca Pasquinelli
  • 15 feb 2024
  • Tempo di lettura: 7 min

“L’Hatha Yoga intende congiungere la luce riflessa di una coscienza temporale e lunare alla sorgente solare eterna di ogni luce e di ogni coscienza.”

(Joseph Campbell)


1. Etimologia


Hatha è un sostantivo sanscrito che letteralmente significa “violento, sforzato, vigore, potenza, sforzo, forza”. Yoga significa “unione”, è l’identificazione del sé individuale con il sé universale, in cui non vi è mutamento, frammentazione o divisione. Hatha yoga, dunque, può essere tradotto come «yoga della forza», o «unione violenta, forzata». Comprende, infatti, sia lo sforzo fisico che avviene attraverso la pratica, sia lo sforzo mentale necessario per praticare yoga con costanza.

 

Ma questa disciplina non è atta a sviluppare solo la forza fisica. La parola hatha è composta da due bija mantra (sillabe seme): ha, che significa “sole” e rappresenta la forza solare e tha, che significa “luna” e indica la forza lunare. Secondo questa etimologia hatha yoga significa «fusione di sole e luna» e consiste nell’unione, nel cuore dell’essere, di questi due corpi celesti, o, più esattamente, degli opposti simboli che sono loro associati. Il sole, simbolo della luce e della consapevolezza, viene identificato con la potenza maschile, mentre la luna, principio che governa le maree della vita, tanto quelle degli oceani quanto quelle dell’utero, è la potenza femminile.

L’hatha yoga utilizza questa simbologia per definire il suo obiettivo essenziale: unire nell’essere umano il Sole (ha) e la Luna (tha), vale a dire tutte le dualità (respiro inspirato ed espirato, maschile e femminile, Ida e Pingala…)

 

Nella tradizione yogica l’universo si proietta nello yogin, in cui giace latente l’energia cosmica. Questa interpretazione è inseparabile dalla filosofia tantrica, secondo la quale il corpo umano è una rappresentazione olografica dell’universo, un microcosmo (l’essere umano stesso) specchio del macrocosmo (tutto ciò che è al di fuori dell’uomo) nel quale si evolve.

 

2. Le origini


Le origini dell’hatha yoga risalgono alla stesura dei primi tantra, termine con cui sono chiamati i testi sacri del tantrismo. Coniato nell’Ottocento in ambito occidentale, la parola “tantrismo” definisce un movimento filosofico-religioso-mistico che si ripropone attraverso la sadhana, «la disciplina per ottenere uno scopo», di realizzare la percezione dell’identità del fenomenico con l’Assoluto, ripristinando nell’adepto l’Unità cosmica attraverso tecniche psicofisiche. La teoria tantrica della creazione vede l’universo come emanazione e manifestazione dell’energia divina, la Shakti, che dispiega le sue forze, nel cosmo come nell’essere umano. Il tantrismo sfrutta al massimo gli strumenti offerti dall’hatha yoga attraverso la sperimentazione più ardua, dedicando al corpo un’attenzione quasi spasmodica e privilegiando l’azione come mezzo di salvezza.

 

La parola hatha yoga compare per la prima volta nei testi del buddismo tantrico Mahayana (III secolo d.C.), una delle correnti principali del buddismo secondo cui la suprema sorte che a ogni uomo è dato di raggiungere è rinascere come Bodhisattva, cioè come colui che aspira all’illuminazione (bodhi) dell’intelletto. Parallelamente il Mahayana afferma che questo fine non può essere raggiunto attraverso l’hatha yoga, ovvero attraverso la forza. Anche nello Sivasutra, “Gli aforismi di Siva” (VI secolo d.C.), si sostiene che l’hatha yoga non è determinante per ottenere la liberazione e l’immortalità: la risorsa principale era ritenuta il respiro e il suo potenziale.

I primi testi che citano le asana sono il Guhyasamāja Tantra (VIII secolo d.C.) e il Kalachakra (XI secolo d.C.), sempre di impronta buddista. Piuttosto tardivi dunque, rispetto ai primi testi sullo yoga e agli Yoga Sutra di Patanjali. Le pratiche, però, sono più antiche, come dimostra l’iconografia, nonché le testimonianze dello yoga tibetano.

 

I testi considerati come le fonti classiche dell’hatha yoga sono alcune Upanishad specifiche posteriori al XV sec., l’Hathayogapradipika (la “Lucerna dell’hatha yoga”), composta da Svatmarama tra la metà del XIV e la metà del XVI sec., la Gherandasamhita, attribuita a Gheranda e ascritta al XVII/XVIII sec., e la Shivasamhita, di autore anonimo e di datazione dubbia anche se, sembra, più recente di tutte.

 

La fonte primaria dell’hatha yoga è ritenuta l’Hathayogapradipika, appartenente alla tradizione tantrica. Svatmarama lavorò all’opera raccogliendo tutto il materiale scritto dai maestri precedenti, in particolare lo Hatha-yoga, andato perduto, e il Goraksa-sataka (“La centuria di Goraksa”), composti entrambi da Goraksanatha. Quest’ultimo avrebbe contribuito, insieme a Matsyendra, all’elaborazione della tecnica dell’hatha yoga e alla sua diffusione su tutto il territorio indiano.

 

Il primo dei quattro capitoli che compongono l’Hathayogapradipika descrive quindici asana principali, considerate necessarie per preparare il corpo e la mente alla pratica della meditazione. Gli altri tre capitoli trattano di pranayama (tecniche di respirazione), mudra (gesti delle mani) e samadhi (la liberazione). Benché la meta ultima sia ancora rappresentata dal raggiungimento del samadhi, l’accento viene posto soprattutto sui processi intrapresi in ambito fisico per ottenere una sorta di “transustanziazione”. Questa è resa necessaria dal fatto che l’uomo ordinario, nella sua naturale dimensione psicofisica, non è in grado di attingere allo stato supremo di coscienza espansa che sta oltre la normale portata umana.

 

3. I canali energetici


Nell’uomo, come nell’universo, scorre la corrente vivificante del prana, il respiro inteso come essenza vitale che tutto permea. Il prana è disperso in una fitta rete di canali sottili, le nadi, attraverso cui il praticante percepisce l’energia cosmica. In campo fisiologico occidentale, le nadi vengono equiparate ai nervi del nostro corpo, ma in realtà esse fanno parte del nostro corpo sottile. Questi canali trasportatori di energia partono dalle dita dei piedi e dalle dita delle mani, attraversano gli arti inferiori e superiori, il busto, il collo e il capo, fino al vertice.


Le principali nadi attraversano verticalmente il busto e sono tre: ida, pingala e sushumna.


- Ida, conosciuta anche come chandra nadi o nadi lunare, sfocia nella narice sinistra. Rappresenta la polarità femminile, passiva e introversa. È associata alla Shakti, la Divina energia femminile, alla luna e al passato. Simboleggiata dal sacro fiume Gange, è la nadi ove prana e citta (l’energia vitale e quella coscienziale) scorrono in una corrente rinfrescante di colore argenteo.


- Pingala sfocia nella narice destra. Rappresenta l’energia maschile, attiva, estroversa, ed è chiamata surya nadi o nadi solare. È misticamente assimilata al fiume Yamuna, connessa al sole e al futuro. È la nadi ove prana e citta scorrono in una corrente ardente di colore dorato.


- Sushumna è la nadi più importante alla quale sono subordinate tutte le altre. È il canale mediano situato lungo la colonna vertebrale, dalla regione perineale al vertice del capo, da qualche studioso occidentale equiparato al midollo spinale.



Ida e pingala si uniscono alla base della colonna vertebrale e risalgono insieme rispettivamente a sinistra e a destra di sushumna con un percorso a serpentina, incrociandosi a determinate altezze di questa. Si incrociano poi alla radice del naso e salgono fino al punto vertice chiamato “la grande fontana della vita” o punto di Brahman, l’Assoluto. S’intersecano come per permettere una ripartizione più armoniosa tra le loro opposte energie. Di nuovo troviamo una chiara simbologia: solo attraverso l’unione dei due opposti, maschile e femminile, è possibile giungere al più alto livello di coscienza e trascendere il piano fisico.


4. Kundalini e il processo di unione


Sushumna è vuota e attende i flussi congiunti di ida e pingala per realizzare la fusione delle polarità che trasforma l’uomo liberandolo dai limiti spazio temporali. Il confluire dei flussi di ida e pingala, però, è bloccato dalla forza ostruente di Kundalini, la coscienza cosmica latente in ognuno di noi, manifestazione microcosmica dell'Energia primordiale, la Shakti. Kundalini viene visualizzata sotto l’aspetto di una dea-serpente che giace addormentata e arrotolata tre volte e mezzo su sé stessa all’imbocco di sushumna, alla base della colonna vertebrale. Il suo sonno allude allo stato di inerzia e ignoranza nel quale versa l’essere umano, che si muove passivo e sonnambulo in un mondo di sogno, prigioniero del limite della relatività e della dualità tra soggetto e oggetto, maya. Perso dietro gli allettamenti del mondo esterno, l’uomo si ritrova privo di consapevolezza e dimentico della sua vera essenza.


L’hatha yoga mira a trascendere la polarità, facendo rifluire le correnti di ida e pingala in sushumna, dove possa ascendere Kundalini. Il risveglio della Dea simboleggia il risveglio della forza vitale, energia specifica dell’individuo, particella della grande Energia indifferenziata. Per realizzare questo fine, liberandosi dalla non-coscienza e dalla dualità, lo yogin utilizza le forze presenti all’interno del proprio corpo, in una combinazione alchemica atta a provocare una trasformazione. Nei culti tantrici, infatti, il corpo rappresenta il veicolo principale per la trasformazione spirituale.

 

La pratica regolare di asana (posizioni), pranayama (controllo del soffio vitale), bandha (contrazioni di determinate parti del corpo), mudra (gesti simbolici del corpo) e mantra, permette di eliminare le impurità che ostacolano il flusso di prana in ida e pingala, ripristinandone la corretta circolazione. Queste pratiche hatha yoga producono il calore necessario a risvegliare Kundalini, che per non essere soffocata si muove e risale in sushumna attraverso sette centri di coscienza situati a varie altezze della colonna vertebrale: i cakra. “Centri, cerchi, ruote” - meglio ancora vortici - i cakra sono centri di conduzione energetica situati nel corpo sottile in corrispondenza con certe funzioni corporee e stati psichici a queste collegati. Vengono chiamati anche padma, “loto”, poiché si schiudono come fiori al passaggio di Kundalini e diffondono la sua energia in tutto il corpo.


Lo yogin deve far ascendere Kundalini dal Muladhara cakra - localizzato al centro del perineo, dove si colloca l’ingresso di sushumna - fino al Sahasrara cakra o “loto dai mille petali”, l’ultimo cakra situato nella sommità del cranio, affinché si congiunga con l’Assoluto in forma di Shiva che lì dimora, così da trasformarsi di nuovo in pura coscienza.

 

Shiva e Shakti sono i due poli in cui si sviluppa la divinità. Shiva è il simbolo della Coscienza suprema, la Realtà suprema (Purusha nello Yoga classico) e rappresenta il polo trascendente maschile. Shakti, che simboleggia la conoscenza suprema, la volontà e l’azione, la molteplicità e la materia, la Manifestazione universale (Prakriti) è il polo dinamico femminile.

 

Attraverso la loro unione avviene il superamento degli opposti, il riassorbimento del mondo fenomenico e la dissoluzione del cosmo nell’unione di statico e cinetico, centripeto e centrifugo. E da questa unione, oltre ogni dimensione spazio-temporale, nasce l’uomo-dio. Giunto al termine della sua evoluzione, lo yogin scopre la Realtà Ultima che abita al suo interno e che viene chiamata Atman, Brahman, o anche Purusha. Ottiene così la Liberazione (moksha); spezza il ciclo delle nascite e delle morti, quindi delle successive incarnazioni (samsara). Realizzando questo stato di Totale Beatitudine, aldilà dal tempo, realizza allo stesso modo l’unione del Sole e della Luna.


La realizzazione dell’essere umano si traduce nella presa di coscienza della propria vera essenza, e nella fusione con il principio primordiale all’origine del Tutto.


 



 Scritto da Bianca Pasquinelli


 

BIBLIOGRAFIA:


- Marilia Albanese, Gabriella Cella Al-Chamali, Fiorenza Zanchi, I chakra. L’universo in noi, Xenia, Milano 1996.


- Gabriella Cella Al-Chamali, Respirazione, distacco, concentrazione, meditazione, Sonzogno, Milano 1992.


- Joseph Campbell, Le figure del mito. Un grande itinerario illustrato nelle immagini mitologiche di ogni tempo e paese, Red Edizioni, Como 1991.


- F.N.E.Y. (Fédération Nationale des Enseignants de Yoga), Hatha yoga. Posizioni capovolte, Magnanelli, Torino 2002.


- Stefano Castelli e Barbara Biscotti, Il respiro. Significati e pratica del soffio vitale, RCS MediaGroup, Milano 2017.


- Swami Satyananda Saraswati, Asana Pranayama Mudra Bandha, Yoga Publications Trust, Munger, Bihar, India 2015.

 
 
 

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